West Nile Virus trasmesso dalle zanzare: ecco cos’è e come si cura

Il West Nile Virus, noto per il fatto di provocare la febbre del Nilo, è un virus appartenente alla famiglia delle Flaviviridae. Deve il suo nome al distretto di West Nile, zona dell’Uganda dove è stato isolato per la prima volta nel 1937 in una donna affetta da uno stato febbrile molto intenso.

Il principale mezzo di trasmissione sono gli uccelli selvatici e le zanzare attraverso le loro punture. Inoltre, in casi estremamente rari, il West Nile Virus può essere trasmesso in occasione di trapianti di organi o parti di essi, trasfusioni di sangue o dalla madre al feto durante la gestazione. Non è un virus che colpisce solo l’essere umano, ma possono venire contagiati anche cavalli, cani, gatti e conigli.

Incubazione e sintomi

L’incubazione può andare dalle 48 ore alle due settimane a seguito della puntura della zanzara (tempistica che, nei soggetti immuno-compromessi, può arrivare anche a 21 giorni).

Nella maggior parte dei casi, il West Nile Virus non comporta l’insorgenza di alcun sintomo. Nei frangenti in cui si presentano, le manifestazioni durano generalmente pochi giorni e possono comprendere febbre, nausea e vomito, mal di testa, linfoadenomegalia (ingrossamento dei linfonodi), rash cutaneo.

Il quadro sintomatologico provocato dal West Nile Virus può cambiare a seconda dell’età del soggetto colpito, nei bambini, per esempio, si parla quasi sempre di una febbre molto leggera.

I sintomi gravi, che vanno dalla febbre alta al coma nei quadri più severi, riguardano circa l’1% dei soggetti infetti.

Diagnosi

La diagnosi si basa sull’Elisa test, una procedura che, attraverso l’analisi del siero o, in alcuni casi, del fluido cerebrospinale, è mirata alla ricerca delle immunoglobuline IgM.

Come si cura

Non esiste una terapia contro il West Nile Virus in quanto, nella maggior parte dei casi, i sintomi sono lievi e scompaiono spontaneamente in pochi giorni. Nei casi più gravi (che, come accennato in precedenza, riguardano appena l’1% dei casi), può essere necessario il ricovero in ospedale, con un approccio che varia a seconda del quadro clinico.

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